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Apr 22, 2020 - anni 90, Baggio, BFC, Bologna, Calcio    Commenti disabilitati su Baggio un fuoriclasse rossoblu e dai mille colori

Baggio un fuoriclasse rossoblu e dai mille colori

Nell’estate del ’97 a Bologna c’è un’atmosfera frizzante, il Presidente Gazzoni presenta il neo acquisto della squadra: Roberto Baggio. La piazza lo accoglie con grandissimo fervore. Da poco più di 19.000 abbonati  della stagione precedente si passa a 27.344. Un incremento notevole, ma la classe paga e il Baggio Nazionale ne ha da vendere. La squadra è discreta per affrontare il campionato di Serie A. L’allenatore è Ulivieri, il grande professore che prende in mano le redini del Bologna nel 1994 in serie C1 e si classifica primo,

Il Numero 10

Il Numero 10

l’anno seguente vince anche il torneo cadetto. Nel 96-97 si classifica al settimo posto e giunge in semifinale in Coppa Italia, perdendo a pochi minuti dal fischio finale. Tra i pali c’è Sterchele perchè Antonioli è vittima di un lungo infortunio. Poi ancora Carnasciali, Mangone, Paganin, Torrisi, Marocchi, Cristallini, Magoni, Fontolan, Nervo, Kolyvanov e Andersson. Chi fa la differenza è Roberto Baggio. Nel Milan non aveva molte possibilità di giocare per via della folta rosa. A fine campionato si tengono i Mondiali di Francia e Divin Codino ci vuole essere. Sceglie il Bologna per poter mettersi in mostra, non esistono ostacoli per il campione. Quando Ulivieri decide di tenerlo in panchina per la partita contro la Juventus, con personalità, lascia il ritiro e non si presenta il giorno della gara. Un giocatore di quel livello non si può e non si deve mettere in ombra neanche per qualche minuto, l’allenatore si chiarisce e il girone di ritorno del Bologna è da record per la società e si qualifica per partecipare all’intetoto pallonebacon Baggio che diventa capocannoniere con 33 gol; è suo il posto nella rosa della nazionale. L’attaccante ha un piede unico ed educato, vederlo giocare ogni domenica è un piacere assoluto per tutti i calciofili, infatti riceve applausi e acclamazioni da molte compagini di tifosi anche di altre squadre. La sua visione di gioco unica e irripetibile, ripaga il pubblico pagante di quanto speso per assistere. Quella giocata che nessuno può prevedere, lui la gioca e lancia giocatori veloci come Nervo, Fontolan, Kolyvanov. Si procura punizioni, falli, rigori, mette gli altri giocatori in condizione di segnare, poi rimangono le sue giocate confuse quasi tra i sogni. Roberto Baggio è nato in provincia di Vicenza il 18 febbraio 1967, la sua tecnica e l’intelligenza calcistica gli permette di spaziare in ruoli sia in centrocampo che in attacco. Inizia la carriera nella Lanerossi Vicenza che tutti ricordano per un altro campione del passato: Paolo Rossi. Si vede che in zona tira aria di gol. Il Divin Codino passa successivamente alla Fiorentina dove lascia un segno importante per i tifosi, poi Juventus, Milan e Inter per chiudere la carriera nel Brescia. Ai mondiali del ’90 conquista il terzo posto, nel 1993 Vince il Pallone d’oro, nei Mondiali del 1994 negli Stati Uniti la Nazionale di Sacchi trova l’argento, in finale Baresi, Massaro e Baggio sbagliano i rigori e il Brasile vince il titolo.

Stadio Renato Dallara Bologna

Stadio Renato Dallara Bologna

Per Baggio, probabilmente, questa sarà la spinta per partecipare anche a Francia ’98. In discussione con gli allenatori da Lippi, Sacchi, Ulivieri ma per chi ha potuto assistere a una sola sua presenza in campo, se lo ricorderà per sempre. Un uomo che è diventato testimone di pace nel mondo che ha raggiunto le soddisfazioni e i record dei grandi campioni di sempre.

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Apr 19, 2020 - Calcio    Commenti disabilitati su Il CALCIO TOTALE, TOTALE PASSIONE

Il CALCIO TOTALE, TOTALE PASSIONE

pallone Il mio primo ricordo calcistico riguarda i boati del pubblico pagante in Curva Andrea Costa dello Stadio Comunale di Bologna, che facevano vibrare le finestre di casa, infatti abitavo a pochi passi dall’impianto sportivo. In gioventù era possibile entrare allo stadio e assistere gratis agli ultimi minuti di partita perché venivano aperti i cancelli. Ora sarebbe impensabile. Con il passare degli anni, Bologna ha subito un enorme mutamento. È cambiata la gente che gira e che vive nel centro storico, è cambiato tutto tranne i tifosi, che da allora non sono mai cambiati, anche se sono passati i decenni. A Bologna può cambiare tutto: l’architettura, la cultura, la politica tranne la cucina e il calcio. Questi due aspetti culturali rimarranno sempre marcati e vivido, vissuti con un’atmosfera tutta particolare. Credo anche nella altre piazze come Roma, Firenze, Genova, Bergamo, Torino, Milano e in tutta Italia, il tempo trasforma e cambia gli italiani ma la passione per il calcio mantiene ancorati ad alcune tradizioni. Nel tempo questi modi di vivere e di essere saranno inalterati.

Negli anni settanta giocavo a pallone con delle scarpe poco eleganti, ereditate da un mio amico a cui era cresciuto il piede più in fretta. Con quelle scarpe con sei tacchetti, da campo pesante, ci feci due campionati poi ne comprai delle altre nuove. Giocavamo sempre a calcio, ovunque trovassimo uno spiazzo accessibile. Nei cortili della parrocchia, delimitando le porte con due sassi e giocando anche in una ventina in un rettangolo di asfalto largo come un campo da calcetto. Per spiare qualche attimo di partita, si andava lungo i portici della Basilica di San Luca perché da li si poteva scorgere un pezzetto di campo, almeno fino alla ristrutturazione dell’impianto sportivo, avvenuta con i Mondiali del ’90.

Panorama2

Qualche volta si andava ad assistere alla partita, non come lo zio eche aveva abbonato tutta la famiglia, con mio padre, in quel periodo si ascoltava la radio. La trasmissione era “Tutto il calcio minuto per minuto” con gli interventi da tutti i campi di Enrico Ameri, Nicolò Carosio, Sandro Ciotti. Nel tardo pomeriggio in televisione guardavamo la Domenica Sportiva con Paolo Valenti. Mi ricordo un pomeriggio, a fine allenamenti della squadra, che con alcuni amici, andammo a chiedere l’autografo a Zinetti, a Chiodi, a Colomba. Poi il debutto di Roberto Mancini, avevo dieci anni, ma chi se lo scorda? Chiesi l’autografo anche a lui, senza neanche sapere chi era e chi sarebbe diventato.

Ho appena rivisto il documentario “Il profeta del gol” di Sandro Ciotti, mi sono tornati alla mente tanti ricordi. La sigla iniziale composta da Bruno Martino è una perfetta macchina del tempo che traghetta a metà degli anni settanta. Il film racconta della nazionale olandese quale perfetta espressione del calcio totale, lo stile di gioco che fa ruotare i ruoli, avvicendando le posizioni degli atleti. Racconta di Johan Cruijff considerato un calciatore fra i migliori di tutti i tempi. Ciotti intervista Zoff, Mazzola Chinaglia, Rivera e il grande Giacomo Bulgarelli. Ripercorre le gesta della Nazionale dei Paesi Bassi rivelazione del Mondiale 74 in Germania e del 78 in Argentina classificandosi per entrambe l’edizioni al secondo posto. Forse Cruijff è un dei primi ricordi del calcio stellare, uno sport che a quei tempi aveva una dimensione più umana. Una grande passione che non potrà mai mutare.

 

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